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L’anidride carbonica è strettamente legata all vino (anche in quelli privi di effervescenza), poiché questo gas è prodotto durante la fermentazione alcolica.

Se la fermentazione del vino viene realizzata in contenitori non ermetici, l’anidride carbonica viene dispersa, quindi il prodotto finale risulterà non effervescente, ovvero “fermo”.

Al contrario, se l’anidride carbonica prodotta viene recuperata e conservata è possibile impiegarla per conferire al vino effervescenza, ovvero vini “frizzanti” e “spumanti”.

In enologia esistono tre metodi per la solubilizzazione dell’anidride carbonica:

  • Fermentazione in bottiglia: è alla base del méthode champenoise – notoriamente impiegato per la produzione dello Champagne
  • Fermentazione in autoclave: è una tecnica che prevede l’impiego di un contenitore a perfetta tenuta ermetica e ne esistono due varianti:
    • Metodo Charmat corto – o semplicemente metodo Charmat, nel caso la produzione abbia una durata variabile fra i tre e sei mesi;
    • Metodo Charmat lungo o metodo Cavazzani, quando la durata è compresa fra i sei e dodici mesi
  • Addizione artificiale: Immissione di CO2 a fine produzione.

I primi due metodi consentono di ottenere una solubilizzazione dell’anidride carbonica di alta qualità, con bollicine sottili e finissime. Al tempo stesso però si tratta dei metodi più costosi, in quanto la durata può protrarsi anche per diversi anni.

Il metodo di minore qualità, e anche il più semplice ed economico, è l’addizione artificiale nel vino, con il risultato di ottenere bollicine grossolane e un’effervescenza spesso aggressiva e fastidiosa in degustazione.

L’anidride carbonica non è solamente utile a produrre effervescenze; infatti durante la fermentazione alcolica è molto efficace nella conservazione del vino.

La CO2 ha un peso maggiore peso rispetto a quello all’ossigeno, quindi si forma un efficace strato “protettivo” sulla superficie del vino, spingendo letteralmente fuori l’ossigeno dal contenitore di fermentazione evitando quindi l’ossidazione.

Solubilità della CO2 nel vino

La quantità di anidride carbonica (CO2) disciolta nel vino ha dirette conseguenza sulle proprietà organolettiche, agendo direttamente sulla freschezza, acidità, dolcezza e quindi sul gusto del prodotto finale.

Ad esempio, nei vini rossi un eccesso di CO2 disciolta amplifica la percezione della sensazione astringente e amara dei tannini e la sua riduzione porta a un miglioramento dell’equilibrio e della morbidezza. Nei vini bianchi invece una lieve aggiunta può restituire freschezza ed equilibrio gustativi.

La CO2 nel vino

La CO2 come tutti i gas, ha la capacità di sciogliersi nei liquidi. In particolar modo nel vino, la CO2 è di gran lunga più solubile rispetto all’ossigeno di circa 40 volte, ed al termine della fermentazione ne può contenere fino a 2 g/l.

Analizzando la la legge di Henry che afferma che la solubilità dei gas è direttamente proporzionale alla pressione parziale di tale gas sulla superficie del liquido, ne se consegue che:

  • la quantità di CO2 presente nel liquido a una data pressione (ad esempio la pressione atmosferica) cambierà a seconda della temperatura e del tipo di liquido.
  • La temperatura di esercizio influisce sulla solubilità: se la temperatura aumenta, la solubilità diminuisce.

Dato che l’aria contiene una piccola quantità di CO2 (~0,03%), il contenuto di CO2 del vino tende a diminuire con il tempo, sia durante il processo di vinificazione sia durantela conservazione, fino a raggiungere una situazione di equilibrio con l’aria (circa 0,5 mg/L di CO2 disciolta nel vino).

La CO2 nella bottiglia

ll momento di riempimento della bottiglia rappresenta il passaggio principale in cui avviene una dispersione di CO2,con perdite maggiori in corrispondenza dell’inizio e della fine del ciclo di imbottigliamento.

Le prime bottiglie prodotte possono potenzialmente presentare una minor quantità di CO2 a causa della miscelazione del vino con l’aria presente nei tubi e nel filtro, con un conseguente passaggio della CO2 dal vino all’aria. Analogamente, gli ultimi volumi di vino imbottigliato sono anch’essi soggetti a una maggior perdita di CO2, trattandosi del vino che rimane più a lungo nel serbatoio.

Dopo l’imbottigliamento, la pressione della CO2 disciolta e quella contenuta nello spazio di collo saranno uguali, in equilibrio.

Se non si utilizza CO2 per la saturazione inerte dello spazio di collo, parte della CO2 contenuta nel vino vi si sposterà. Dato che lo spazio di testa costituisce un volume ridotto, la diminuzione della CO2 disciolta rimane piuttosto piccola. Questa diminuzione rappresenta l’1% in caso di tappo interno e il 2% in caso di tappo a vite.
Se si effettua la saturazione inerte dello spazio di collo con CO2, potrebbe verificarsi il passaggio di CO2 dallo spazio di collo al vino; tuttavia, l’aumento di CO2 disciolta dovuto a tale fenomeno è praticamente irrilevante.

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